Carolina Luna Gatti
Non so se ho “deciso di” coltivare la terra sulla quale sono nata e cresciuta; forse perché essendo in essa da sempre, mi sembra naturale continuare questa simbiosi.
Conosco l’odore della terra, so riconoscere il “caranto” che a volte sale in superficie; so riconoscere quando le gemme iniziano a schiudersi, e so anticipare il momento in cui la vite si libera e piange un po’ come faccio io quando sono felice.
Riconosco le bellussere quando iniziano a infoltire le loro braccia con le tenere foglie, e so benissimo quando qualche lepre inizierà a fare il “nido” tra l’erba alta dei nostri vigneti.
Frutti che daranno vino, nettare prima dolce e poi strutturato.
Da quando ho ricordo, la nostra famiglia ha sempre fatto vino innanzitutto per se stessa, poi ha iniziato a commercializzare col nonno e poi con mio padre per poter trasmettere agli altri la ricchezza del suo territorio e la bontà dei suoi frutti.
Per me è stato naturale scegliere la scuola enologica prima e la facoltà di enologia dopo con la scuola diretta, un po’ meno naturale assistere a lezioni che trattavano un’enologia diversa da quella che vorrei. Non che non sia stato interessante ascoltare ed apprendere, però non è la bibbia che seguo… la mia bibbia si fonda sull’attenzione ai particolari per poter creare una naturale eccellenza da quello che il connubio terra-vite mi può dare.
Niente di più e niente di meno
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