kasha raffin fierek

mercoledì 15 febbraio 2012

the end








Ho sempre pensato che la fine di un’amicizia sia paragonabile alla fine di una storia d’amore: scelta da uno per lo più, subita dall’altro, è sempre un evento doloroso, che passa attraverso una serie di sentimenti diversi: collera, odio, depressione, risentimento. Chi viene deluso, ferito o tradito da un amico vive l’accaduto come una deriva personale, perché vede fallire un legame nel quale aveva investito emotivamente, in cui credeva e che magari durava da tempo.
Un elemento essenziale per non essere troppo vittime dell’evento è la comunicazione, che permette di dare un senso a quello che si sta vivendo. L’ideale, insomma, sarebbe parlare con l’amico che sta diventando sempre più ex. Ma se questi si chiude nel silenzio e rifiuta di incontrarci, non bisogna esitare a confidarsi: con altri amici, con i familiari, con qualcuno che ha già vissuto l’esperienza, per iniziare ad acquisire un certo distacco e darne una spiegazione logica.
Strano ma vero, riuscirà a vivere meglio questa rottura quella persona che nell’infanzia è riuscita a separarsi dal legame fusionale con la madre in modo fiducioso, imparando le strategie di separazione positive. Di conseguenza, quando si accorgerà che un’amicizia non funziona più, ne prenderà atto senza sminuirsi, poiché valuterà se stessa come persona indipendente e autosufficiente.
Le ostilità che continuano nel tempo, indicano invece la difficoltà a recidere del tutto il rapporto, e ciò rivela un legame di dipendenza. Prima o poi bisogna infatti perdonare, anche se è difficilissimo e ci vuole tempo, perché l’altro magari è stato una carogna nei nostri confronti. Si tratta però dell’unico modo per rendergli quello che gli appartiene, liberandosi dal rancore o dal desiderio di vendetta che trattengono il dolore e il legame.
Questo perché la reazione peggiore, dopo aver tagliato i ponti con un amico, è proprio quella di colpevolizzarsi, cadendo in una crisi di autosvalutazione.
Bisogna invece accettare l’idea del cambiamento come una prova del fuoco, che ci afferra e ci trasforma, mettendoci su un nuovo cammino, più conforme a quello che siamo in profondità.
Un’occasione per avviare un processo di maturazione personale, costruito sulla fiducia in sé, uscendo dall’idea della colpa e della colpevolezza, per entrare in quella di esperienza condivisa. Che si è conclusa per lasciare spazio ad altre nuove esperienze, invitandoci comunque a dimenticare la sconfitta.
Ma non la lezione che ci è stata impartita.



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